venerdì 5 gennaio 2018

LE BANCHE? PRIMA ROVINANO I RISPARMIATORI, POI LICENZIANO I PROPRI DIPENDENTI

Non c'è mai fine nella palude del settore bancario: è notizia di queste ultime ore che circa 340mila lavoratori nel settore bancario saranno coinvolti in un collettivo licenziamento , di cui 37mila operativi nel comparto del credito cooperativo.




Così a 40 mila lavoratori già fuori dall'industria "se ne aggiungeranno altri 25 mila, come risultato di accordi sottoscritti tra sindacati e gruppi bancari" secondo le parole di Lando Sileoni, segretario generale della Fabi (Federazione autonoma bancari italiani), riportate da La Stampa.

Entro il 2019 saranno parallelamente chiuse circa 3000 filiali, secondo un’analisi sui piani industriali di cinque dei principali istituti italiani (Intesa, Unicredit, Banco Popolare, Mps e Ubi) diffusa dal primo sindacato di categoria in Italia.




"Queste 65 mila uscite le abbiamo gestite ottenendo anche 18 mila assunzioni di giovani a tempo indeterminato" ha spiegato Sileoni (in foto, sul palco, durante una convention), prospettando però che "una volta esaurito questo bacino di prepensionamenti, quando arriveranno nuove aggregazioni, l’alternativa sarà passare ai licenziamenti".





"Bisogna prevedere nuove figure professionali" ha aggiunto. "Abbiamo fatto le nuove assunzioni con un contratto misto, sia da promotore finanziario che da impiegato di banca. E, con Intesa e Banco Bpm, abbiamo concordato a livello aziendale lo smart working, cioè il lavoro da casa. Questa è una forma alternativa che può dare risultati, se gestita bene".

Gurdando ai prossimi anni, ha aggiunto il sindacalista, "non credo che ci sarà un cambiamento radicale del modo di fare banca. I banchieri sono molto gelosi del loro ruolo. Non saranno mai disponibili a cedere il potere contrattuale che hanno rispetto al quanto e se concedere un certo fido alla clientela. Per mantenere questo rapporto di forza con la clientela non adotteranno mai criteri trasparenti per il metodo del credito"

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