lunedì 16 ottobre 2017

CON LE NUOVE REGOLE LE BANCHE ITALIANE SUBIRANNO IN DRAMMATICO CALO DI UTILI

Il seguente articolo è stato pubblicato su La Stampa del 16 ottobre 2017
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Intesa, Unicredit, Mps e Carige gli istituti più esposti. I timori maggiori sono per le sofferenze senza garanzie. 


La banca toscana. Monte dei Paschi di Siena ha crediti deteriorati lordi
per oltre trenta miliardi di euro. Circa 7 miliardi è il valore netto degli Npl



GIANLUCA PAOLUCCI



Nel 2016 le prime 10 banche italiane hanno registrato nuovi crediti problematici in bilancio per 29,4 miliardi. Si va dai 10,5 miliardi di Unicredit - che ha impieghi totali per 444,6 miliardi - agli 1,1 miliardi dei Carige o ai 706 milioni di Creval, che però hanno impieghi alla clientela sensibilmente inferiori e pari rispettivamente a 18,2 e 17,4 miliardi di euro. Tutte insieme, le prime dieci banche hanno 228 miliardi di crediti difficili sui 249 miliardi totali in pancia alle banche italiane. 

Secondo gli analisti di Equita, applicando ai numeri del 2016 le nuove regole sui crediti problematici proposte dalla Bce, l costo dei rischi per queste banche sarebbe incrementato di 3,5 miliardi di euro. Ed è questo numero a spaventare di più i banchieri e, a cascata, regolatori, governanti e imprese. 

La maggior parte (78%) delle nuove sofferenze sono garantite e quindi le banche avrebbero sette anni di tempo per essere «abbattuti» del 100%. Secondo i dati di Bankitalia, il 54% delle garanzie viene recuperata dopo più di 5 anni ma entro nove anni la percentuale di recupero si avvicina al 100%. 

Ma è la componente senza garanzie quella che desta maggiori preoccupazioni che va ammortizzata entro due anni ed è composta prevalentemente da famiglie (credito al consumo) e piccole imprese. «Se ci sarà una stretta del credito sarà su queste categorie», spiega un gestore di fondi che ha investimenti nelle banche italiane. Il ragionamento che fa un banchiere è il seguente: è vero che gli Utp (unlikely to pay, inadempienze probabili, il gradino che precede le sofferenze) tendono a diventare sofferenze al ritmo del 15/20% all’anno. «Ma è anche vero che statisticamente circa un terzo tornano “in bonis”. Le banche finora avevano l’incentivo a tenere il cliente e stabilizzare l’esposizione». Con la proposta della Bce, «viene meno l’incentivo a recuperare l’esposizione privilegiando la vendita del credito a fondi specializzati, il cui interesse è recuperare in fretta il proprio credito a scapito del cliente». 

Spostando l’attenzione dai problemi dei clienti a quelli delle banche, la prospettiva cambia. Il problema maggiore della proposta della Bce è proprio quello di chiedere di accantonare al 100% delle categorie di credito deteriorato che finora le banche italiane hanno pensato di gestire internamente senza troppi patemi. I cosiddetti Utp, ad esempio, secondo una ricerca di Credit Suisse hanno tassi di copertura del rischio che vanno dal 44% di Unicredit al 26% di Bper. Gli scaduti («past due» nella definizione anglofona, il primo gradino del credito deteriorato) hanno coperture che vanno dal 34% ancora di Unicredit al 8% di Bper o al 9% di Ubi. 

La necessità di aumentare gli accantonamenti, seppur in maniera graduale, peserà maggiormente sugli istituti più deboli. Guardando all’ultima riga del bilancio, la stima per il 2018 è di un impatto sugli utili di circa un miliardo (sempre per le prime dieci banche) sugli 8,4 miliardi di utili attesi per il prossimo anno. Ma se per Unicredit e Intesa Sanpaolo, gli istituti più solidi, il calo dell’utile sarà limitato ad una percentuale compresa tra l’8% e il 9%, per Bpm Banco l’impatto sull’utile atteso arriverà al 21%, al 26% per Bper e fino al 47% per Carige, per la quale peraltro il mercato stima già una perdita netta di 50 milioni che comprende Unicredit, Intesa, Ubi Banca, Bper e Banco Bpm.



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martedì 10 ottobre 2017

USURA BANCARIA: STORICA ORDINANZA DELLA CASSAZIONE

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza emessa dalla Sesta Sezione Civile il 4 ottobre 2017, numero 23192, si è espressa ancora una volta sulla delicata e controversa questione del superamento del tasso soglia in materia di usura bancaria e, nello specifico, sulla questione riguardante la possibilità di sommare tra loro gli interessi corrispettivi e quelli moratori. 




I giudici, nel loro pronunciamento, hanno respinto il ricorso di un istituto bancario affermando che “si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento; il legislatore, infatti, ha voluto sanzionare l’usura perché realizza una sproporzione oggettiva tra la prestazione del creditore e la controprestazione del debitore”.

Inoltre il supremo tribunale ha dichiarato, concordemente con quanto già affermato dal giudice delegato, che la banca deve essere ammessa al passivo con riferimento alla sola sorte capitale, non potendo essere riconosciuti gli interessi moratori: come emerso dalla c.t.u., al momento della pattuizione il tasso degli interessi moratori era superiore al tasso soglia, vertendosi, così, in ipotesi di usura originaria (e non in quella di usura sopravvenuta come dedotto dalla banca) e, conseguentemente, ai sensi dell’art. 1815 c.c., la pattuizione del tasso di mora era considerata nulla e nessun interesse spettava.

Qual è la differenza fra usura originaria e usura sopravvenuta? 

L’art. 1815 cod. civ. dispone che se in un rapporto bancario sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi. L’interesse è definito usurario se supera il valore del Tasso Soglia stabilito per quel periodo. La Legge n. 24/2001 precisa infatti che si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titoli, indipendentemente dal momento del loro pagamento. Di conseguenza, un tasso di interesse superiore al tasso soglia, rende nullo il pagamento degli interessi, e l’istituto di credito è tenuto alla restituzione degli interessi pagati fino a quel momento. L’usura originaria si ha, di conseguenza, quando il tasso di interesse è superiore fin dal momento della stipula al tasso soglia. L’usura sopravvenuta prevede invece il superamento del tasso soglia nel corso del contratto, e comporta l’inopponibilità al cliente dei tassi eccedenti tale limite e, di conseguenza, il tasso dovrebbe essere ridotto al limite del tasso soglia rilevato su base trimestrale.

lunedì 9 ottobre 2017

IL PREMIO NOBEL PER L'ECONOMIA? UNA MEZZA BUFALA

Sapevate che il Premio Nobel per l'Economia non era mai stato nelle intenzioni di Alfred Nobel ma è una invenzione (possiamo dirlo, autopromozionale) di una Banca?

Alla faccia del conflitto di interessi! Ne parlò già una testata scientifica un paio di anni fa denunciando il mezzo "inciucio". 

La Banca di Svezia l'assegna e non la Fondazione Nobel.  E dunque non è un vero Premio Nobel come vorrebbero farci passare i media. 







Una precisazione è d'obbligo. Visionate quanto dice Wikipedia. Non è certo la verità assoluta, ma offre delle informazioni ulteriori sul "premio".
"Il prestigio del premio deriva in larga parte dall'associazione ai premi creati dalla volontà di Alfred Nobel, una scelta che è stata spesso causa di critiche. Fra le più rilevanti c'è la posizione dell'avvocato svedese ed attivista per i diritti umani Peter Nobel, pronipote di Alfred Nobel, che considera il premio un mero «colpo di pubbliche relazioni fra economisti per migliorare la loro reputazione".

CHI FU L'INVENTORE DEL PREMIO NOBEL?
È Stato Alfred Nobel, un industriale e chimico svedese inventore della dinamite.
Pare che le sue idee filantropiche siano nate negli ultimi anni della sua vita, tormentato dal pensiero che il suo nome fosse associato a una delle scoperte più devastanti in guerra.
Un po' come il personaggio di Tony Stark (alias Iron Man), l'invenzione che tanto l’aveva reso ricco, aveva trovato molte applicazioni nell’industria bellica trasformandosi in uno strumento di morte.
E le persone non mancavano di farglielo notare. Secondo l’Enciclopedia Britannica, alla morte di suo fratello Ludvig, nel 1888, un quotidiano francese aveva riportato erroneamente la notizia della morte dell’inventore e aveva titolato così: «Il mercante di morte è morto». Al senso di colpa si aggiungeva quindi anche il danno d’immagine. E cosa c’è di meglio di un generoso premio per chi apporta «considerevoli benefici all’umanità» per ovviare al problema?


E IL NOBEL PER L'ECONOMIA?

Tale riconoscimento non ha nulla a che vedere con gli altri Nobel: l’inventore della dinamite non aveva neanche preso in considerazione l’idea di dare un premio all’economista dell’anno.

Come già osservato, quello che viene usualmente definito come Nobel per l’economia, in realtà non è esattamente tale: viene attribuito dalla Banca di Svezia, sebbene le procedure ricalchino quelle dei Nobel “ufficiali”; anche l’importo del premio, che viene regolarmente indicizzato, è lo stesso. Ma allora perché non aggiungere un “altro” premio ai cinque già indicati da Alfred Nobel? Su questa decisione ha certamente pesato un certo conservatorismo della Fondazione che gestisce il lascito di Alfred: probabilmente nessuno ritiene di avere l’autorità di modificare la natura di tale lascito. Quella di accettare la proposta della banca centrale svedese deve essere sembrato un buon punto di mediazione. Queste ipotesi sulla natura del “premio” Nobel per l’economia permettono alcune considerazioni che vanno oltre il merito del premio stesso: è l’economia una scienza? Si merita, l’economia, lo stesso peso scientifico di fisica, chimica, medicina? Fisici, chimici, medici si sono dedicati alla scoperta della natura nascosta di materia, energia e corpo umano: questo può valere anche per gli economisti? Quale è stato il loro apporto specifico al miglioramento della società? Certo: se rivolgete queste domande ad un economista vi verrà risposto che l’economia ha la funzione determinante di indagare e scoprire meccanismi e dinamiche del comportamento umano e sociale che hanno permesso nel corso del tempo di migliorare la comprensione della realtà. Verissimo, ma se questo vale per l’economia, vale allo stesso modo per sociologia, psicologia, ecc. Perché attribuire maggior peso scientifico all’economia al punto di attribuirle un premio sotto l’egida, di fatto, della Fondazione Nobel? 
PER APPROFONDIRE  


I NOBEL PER L'ECONOMIA SBAGLIANO SPESSO


Prendiamo ad esempio Paul Krugman, Premio Nobel per l'economia nel 2008 per la sua analisi degli andamenti commerciali e del posizionamento dell'attività economica in materia di geografia economica. Uno degli economisti più affermati e osannati del mondo.
Qualsiasi cosa lui scriva sul New York Times diviene vangelo economico.

Eppure, nonostante certe sue critiche al sistema siano condivisibili, in certe cose anche lui prende grossi abbagli. Per approfondire



BANCHE IN FUGA DALLA CATALOGNA

Le banche sono state le prime a minacciare di "fuggire" dopo il referendum indipendentista della scorsa domenica. Nonostante le conseguenze sull’esito referendario rimangano incerte, la paura della deriva secessionista che si profila in Spagna sta inducendo le banche, ma anche società e multinazionali che operano in Catalogna a preparare piani di emergenza nel caso che il governo catalano dichiari unilateralmente l’indipendenza


Inutile girarci intorno: le banche seguono e seguiranno sempre per prime i propri interessi, e secondo fonti consultate da La Vanguardia, il consiglio di amministrazione di CaixaBank si riunirà domani per valutare un cambiamento della sede legale ed evitare incertezze sulla possibile indipendenza della Catalogna. La più grande banca catalana sege i passi di Sabadell, che ha approvato in serata il trasferimento della sua sede ad Alicante. La banca, presieduta da Jordi Gual e guidata dal ceo Gonzalo Gortazar, ha chiuso la prima metà dell’anno con un utile di 839 milioni di euro.


L'allarme lo ha lanciato ufficialmente il Fondo Monetario Internazionale: se l'incertezza sulla crisi catalana persisterà, i rischi per l'economia saranno seri. La crisi in Catalogna "potrebbe pesare sulla fiducia e sulle scelte di investimento", in un momento in cui la Spagna può vantare "solide prospettive positive", ha detto ieri Andrea Schaechter, capo della missione in Spagna del Fondo Monetario Internazionale. E i primi segnali, in effetti, già si vedono.

Gli istituti di credito da diversi giorni provano a tranquillizzare i loro clienti che i soldi depositati nei loro conti sono pienamente garantiti, indipendentemente da come evolverà la situazione politica.

Ma il settore bancario non è mai stato così incerto e dopo l'annunciata fuga delle banche, che si stanno preparando al trasferimento delle loro sedi per il timore della deriva secessionista, anche le grandi imprese e multinazionali che hanno alimentato il successo economico della Catalogna sono pronte a spostarsi altrove in caso di una dichiarazione di indipendenza. Del resto, il commissario europeo Pierre Moscovici era stato chiaro, quando pochi giorni fa aveva affermato che "La Catalogna indipendente non sarà mai un membro dell'Unione europea" e che "L'Unione europea non conosce che un unico Stato membro, la Spagna. Quello che si profila è dunque uno scenario spaventoso per l'economia dell'ipotetica Catalogna indipendente e "le grandi compagnie non sono disposte a pagare le conseguenze negative di una separazione dalla Spagna senza l'ombrello dell'Unione Europea", ha confidato al quotidiano Abc una fonte di una grande impresa basata in Catalogna.


Ue: rischio guerra civile in Catalogna, la reazione dei mercati


Anche da Bruxelles la situazione è vista con preoccupazione. Il commissario Ue all’Economia, Pierre Moscovici d’altronde era stato chiaro: “Una nuova repubblica sarebbe fuori dall’Unione europea. Conosciamo un solo membro: la Spagna”. Parole chiare, molto apprezzate a Madrid, che aprono scenari spaventosi per l’economia dell’ipotetica nuova nazione, fuori dall’euro e alle prese con un debito pubblico da negoziare con uno Stato, la Spagna, che non farà sconti. Mentre il commissario europeo al Bilancio, il tedesco Oettingernon usa mezzi termini: “C’è il rischio di una guerra civile“.